Diego Matheuz, direttore venezuelano, a 35 anni una celebrità

Nell’ambito del 98° Opera Festival le recite di Aida già trascorse del 26 giugno e 1° luglio, e quelle del 9 – 15 – 21 luglio prossime saranno dirette dal Maestro Diego Matheuz, appartenente a quella giovane generazione di musicisti emergenti.

Per la prima volta a Verona lo abbiamo incontrato nel camerino dell’Arena. 

Maestro un doppio debutto, a Verona in Arena per dirigere Aida!

“Poter debuttare con Aida nel tempio dell’Aida è un grandissimo onore. Avere questa possibilità, in questo periodo così difficile per tutti che comincia ad aprirsi, e dare un po’ di bellezza e speranza e poterlo fare con Aida è una grande gioia. Per un direttore giovane come me poter debuttare con Aida in Arena è il massimo.”

Come si è trovato con l’Orchestra?

“Con l’orchestra abbiamo avuto pochissime prove ma è molto, molto buona. Comunque tutti, orchestra, coro, cantanti, molto collaborativi e aperti. Anzi, direi che sono più bravi di me. Del resto Aida la conoscono più di ogni altro teatro. Rapporti umani meravigliosi”.

Ha avuto difficoltà con i cantanti e il coro a seguirli in un palcoscenico così grande?

“E’ un cast di grande levatura e sono così bravi che sanno benissimo cosa fare e come gestire le situazioni.”

Ha cominciato la sua carriera musicale suonando il violino, poi la direzione d’orchestra. Ci racconta i vari passaggi?

“Ho cominciato col violoncello, poi col violino e ho continuato a suonare il violino. Sono stato spalla per molti anni, poi ho cominciato a dirigere l’orchestra e ho dovuto smettere di suonare in orchestra per problemi di tempo. Avevo cominciato a viaggiare tantissimo e non potevo rimanere in orchestra anche se mi piaceva moltissimo perché ho imparato molto. Suonare in orchestra è importante anche per la carriera di un direttore perché capisce meglio le varie parti.”

“Tutta la mia educazione è stata nel “El Sistema” (modello didattico musicale rivoluzionario venezuelano, nda) e continuo a fare parte del “El Sistema.” Sono direttore di una delle orchestre del “El Sistema”. Purtroppo da quando è cominciata la pandemia Covid e la situazione politica del paese è complicata non ho potuto più entrare in Venezuela. Sono due anni che non rientro.”

Maestro ci racconta della sua esperienza alla Fenice di Venezia? 

“E’ stata la più grande scuola di tutto, di vita, di musica, ho imparato tantissimo. Una delle più importanti esperienze, anche se molto difficile per me. A quel tempo avevo 26-27 anni, arriva un ragazzino del terzo mondo, a dirigere l’opera dove è nata a dei musicisti italiani. Sono stato quattro anni molto impegnativi ma è stato bellissimo. Ho trovato una grande orchestra, due sovrintendenti bravissimi (prima Chiarot poi Ortombina) e siamo diventati amici.”
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Nel periodo della Fenice ha avuto anche un successo mediatico mondiale con i concerti di Capodanno?

“Sì, ma non è tanto la diffusione televisiva, quello che conta è il resto. Torno sempre a Venezia almeno una volta l’anno. Nella città più bella del mondo, cosa si può avere di più.”

Diego Mattheuz

In che modo l’hanno plasmata due musicisti come Antonio Abreu e Claudio Abbado?

“Sono i miei due padri musicali. Con Abreu fin da bambino mi dava lezione, è stato il mio maestro all’inzio di direzione d’orchestra. Poi Abbado che mi ha portato in giro per l’Europa, prima come violinista della sua orchestra Mozart. Mi ha portato in giro per l’Italia, Ferrara, Parma, Reggio Emilia, Modena, poi anche con la Chamber. Con i Berliner, con Luzern Festival. E’ stata un bellissima opportunità per me lavorare con Claudio. Siamo diventati grandi amici e lui è presente in tutto quello che faccio.”

Come ha conosciuto Claudio Abbado?

Abbado lho conosciuto nel “El Sistema” perché nei mesi invernali, Gennaio e Febbraio, scappava dall’Italia e veniva in Venezuela in quanto in quel periodo si sta benissimo. In Venezuela ha fatto molti concerti per 6-7 anni di seguito. Poi ha scoperto che io facevo direzione e in un prova nell’ultimo tempo della “Settima” di Beethoven mi ha detto vai e dirigi e così è nata la nostra sinergia. Da lì è cambiato tutto.”

Ci può parlare del progetto Mach?

“Il progetto Mach (nell’ambito del Festival Musica sull’acqua di Colico, nda) l’ho fondato con un mio collega violinista Francesco Senese che da sedici anni ha un Festival a Colico. Lo scopo del progetto è quello di invitare le prime parti delle grandi orchestre internazionali e con gli studenti partecipanti – che non devono pagare assolutamente niente – facciamo lezione di musica da camera, individuali. E’ il quarto anno. Facciamo tre quattro concerti in alcune località del lago di Como.“

“Sì perché il progetto è pensato come una grande famiglia. Sono musicisti che conosco da molti anni e vengono molto volentieri.”

Si potrebbe pensare di allargarlo anche in altre Regioni italiane?

“Certo è l’idea del progetto, di espandere concretamente la divulgazione della musica. Speriamo di poter sviluppare questa idea. Adesso il momento è difficile.”

Una ultima domanda dalla collega dell’Ufficio stampa. Maestro quale sarebbe un’altra opera che le piacerebbe dirigere a breve?

“Ho studiato tantissimo Carmen perché era in programma al Metropolitan ma tutto si è fermato con la pandemia.
L’ho veramente studiata tanto.”

Sarà un suggerimento che gireremo alla Sovrintendente dell’Arena.

(Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Fondazione Arena)